Questo breve intervento è limitato ad evidenziare alcuni aspetti poco noti del personaggio Winter, particolari che presentano un certo interesse documentario.
Il profondo amore per l’Italia e la Liguria
Il giovane Winter, lasciata Heidelberg a ventun anni, era stato dapprima gratificato dall’ospitalità francese quale giardiniere alle Tuileries dell’imperatrice Eugenia; tuttavia l’ostilità crescente per la preparazione della guerra franco-prussiana lo aveva convinto a scendere a sud, dove il botanico Huber a Hyères nel 1869, quasi allo scoppio del conflitto, gli aveva facilitato la prestigiosa opportunità di realizzare in Italia i giardini di Thomas Hanbury.
La quinquennale attività alla Mortola dal 1869 al 1874, col suo trasferimento definitivo dapprima in villa e successivamente a Bordighera, gli aveva fatto trovare la sua patria d’elezione, la sua ‘mein Ligurishes Heim’ – parafrasando il titolo dell’incantevole libro del Barone Mumm a Portofino – dove la sua morte nel 1912 gli evitò un nuovo disagio per i terrificanti odii della Prima Guerra Mondiale.
Il definitivo trasferimento a Bordighera lo aveva spinto ad acquistare, col rigido prestito all’interesse del 7% del denaro di Thomas Hanbury, pur con la dotazione di mille piante, alcuni estesi terreni nella zona Braie ai Lagazzi per lo ’stabilimento’ produttivo.
La costruzione della casa familiare Villa ‘Llo di mare’ all’Arziglia e la creazione del fastoso negozio vicino alla Chiesa di Terrasanta, con la retrostante esposizione ed il caratteristico pergolato ammirato tra gli altri ospiti illustri anche dall’imperatrice Vittoria moglie del Kaiser Federico III di Germania, che soggiornava annualmente all’Hotel Angst, lo avevano reso un cittadino tra i più popolari e stimati.
Incredibilmente ancora cinquant’anni fa nello stesso luogo, accanto al Cinema Olimpia, sopravviveva la profumeria Myres Andracco che con la tipica fragranza di mimosa tramandava la tradizione degli estratti di fiori ed il rapporto della nostra floricoltura patrocinata dal Winter con l’alta profumeria di Grasse.
Tra l’altro egli era profondo amico degli altri ospiti illustri che soggiornavano lungamente in città, dal Garnier al barone Von Kleudgen, dal barone Bischoffsheim, per il quale realizzò anche i giardini di Villa Etelinda, al cavaliere Angst, da Clarence Bicknell al pittore Hermann Nestel col quale intratteneva viva familiarità ed ai tanti altri cittadini come il pittore Piana con i quali condivideva l’amore profondo per il territorio e la sua gente.
Non per niente col suo dialetto bordigotto, conosciuto e parlato usualmente da tutti gli altri amici sopramenzionati (meno soltanto il barone Bischoffsheim) comunicava usualmente nel lavoro e nel tempo libero, come mi raccontava la baronessa Frieda Von Kleudhen negli anni ’60; si sedeva spesso con loro soprattutto alla fine della giornata a Villa Banana, accanto alla Porta della Maddalena, per discorrere al passaggio obbligato dei contadini che tornavano dai palmeti del Rio Sasso e dei pescatori che tornavano dall’Arziglia.
Il suo intenso amore per l’italianità si manifestava anche per la sua musica romantica, operistica e napoletana, che interpretava al pianoforte con trasporto e gli fece tra l’altro ottenere negli anni ’90 la nazionalità italiana (per cui da allora si firmò sempre ‘Ludovico’), la cittadinanza onoraria di Bordighera ed il titolo di Cavaliere del Regno d’Italia.
Mecenatismo in aiuto ai poveri, ai contadini e ai pescatori
Pur molto attivo ed intraprendente, con lo stimolo luterano dell’impegno personale e del rigore che richiedeva anche a tutti i suoi collaboratori, Winter aveva seguito l’esempio di Hanbury la cui nota filantropia si sposava con la rigida severità del lavoro; riteneva un dovere morale operare per la famiglia, per il paese ed il prossimo soprattutto nell’impegno a sostegno dei lavoratori e dei contadini liguri.
Fu quello di fine ‘800 uno straordinario periodo nel quale non soltanto a Bordighera si era formata una sorta di ecumenismo che univa tutte le persone prima citate, sia che fossero di fede luterana, anglicana, cattolica, israelitica o calvinista; ma erano anche maturati i grandi ideali dell’impegno sociale poi drammaticamente distrutti dalla carneficina della Prima Guerra Mondiale.
Con tutti gli amici Garnier, Bicknell, Nestel, Von Kleudgen, Bischoffsheim ed Angst il nostro Winter collaborò economicamente e ripetutamente da una parte per la realizzazione delle opere di carità di padre Giacomo Viale, tra le quali soprattutto la ‘Casa della Provvidenza’, e dall’altra per sostenere sia i pescatori, poi riunitisi nella ‘Società di Mutuo Soccorso’, che i contadini allora in difficoltà per il crollo della centenaria redditività degli agrumeti ed il necessario cambio di produzione agricola.
Vicino al suo ‘stabilimento Winter delle Braie’ per la produzione e commercializzazione delle palme in vaso spedite in tutta Europa, si trovava la famosa ‘Villa delle Palme’ dei Giribaldi, dal suggestivo parco e dall’incredibile collezione pressoché completa dell’avifauna italiana, legata alla passione della caccia agli uccelli di passo proprio nelle adiacenti aree acquitrinose dei ‘lagacci’ ( ora Via Lagazzi). Col vicino Avv. Giulio Giribaldi, proprietario della Villa e dell’allora unica banca cittadina, si interessò ed ottenne personalmente dopo gli anni ‘80 che venissero elargiti prestiti e linee di credito preferenziali per i contadini che allora iniziavano faticosamente ad impiantare le prime aziende floricole nella piana intemelia.
L’avvio della floricoltura ligure
Fu continuo il sostegno appassionato e disinteressato del Winter – che molte famiglie ricordano ancora per l’inizio del loro benessere come i Pallanca, gli Allavena ed i Neuhoff – agli agricoltori della zona per sostenere il cambio produttivo delle campagne imposto dagli anni ’70 in poi.
La concorrenza degli agrumi siciliani a minor costo, arrivati con la ferrovia dopo il 1871, impose infatti agli agricoltori un brusco cambio di produzione per limitare il crollo della forte redditività degli agrumi prodotti da Sanremo a Mentone, ricercati soprattutto dalle marinerie nord-europee contro lo scorbuto e per la produzione di medicinali.
Fortunatamente la innovativa e promettente produzione floricola , lanciata nel 1874 da Bessi, Julien e poi Isnart della Foncière Lyonnaise di Ospedaletti ed altri, con le spedizioni notturne dei fiori recisi a Parigi e nel nord Europa mediante l’interconnessa ferrovia francese, contribuì velocemente ad integrare il minore reddito degli ulivi e dei rami di palma.
Ludovico Winter si impegnò in prima persona con l’esempio e lo stimolo a spingere gli agricoltori locali verso le nuove produzioni, anche se personalmente non mutò la sua importante produzione ‘industriale’, con oltre 120 dipendenti, delle palme in vaso a livello continentale di cui era notissimo esperto, cultore e produttore.
Oltre alla coltivazione floricola, sostenne tra l’altro attivamente la produzione innovativa di cactacee e piante grasse, che utilizzava pittoricamente nelle sue composizioni ‘esotiche’ abbinandole alle palme soprattutto nelle grandi mostre realizzate a Lisbona, Berlino, Gand, Amburgo, Barcellona e Londra. Altra tipicità floricola locale promossa da Winter fu quella destinata alla profumeria.
La produzione e la raccolta del fiore da profumeria con tuberose, rose, gelsomini, mughetti e soprattutto fiori d’arancio, ha caratterizzato per tutto l’Ottocento e fino al secondo dopoguerra la valle Borghetto e la piana intemelia- oltre alle violette di Taggia- favorita anche dalla costruzione di importanti distillerie a Bordighera, Vallecrosia e Vallebona dove si lavorava il fiore raccolto all’alba dalle donne per la produzione della cosiddetta ‘acqua madre’, poi inviata a Grasse per la sua trasformazione in alta profumeria.
A Montenero in località Curtasse Winter aveva impiantato le prime coltivazioni di mimosa nel 1874, poi delle palme alla Madonna della Ruota; quindi all’Arziglia oltre alle palme aveva avviato la coltivazione di cactacee e succulente, mentre infine alle Braie -zona Lagazzi- aveva bonificato i terreni acquitrinosi ed organizzato la produzione ‘industriale’ e la commercializzazione di palme in vaso oltre all’attività florovivaistiva con la rosa Safrano, fiori recisi ed asparagus, con la sola esclusione dei garofani che vennero coltivati nella zona successivamente nel primo dopoguerra.
Naturalmente la sua operosità facilitò anche altre funzioni produttive cittadine, dalle vaserie ai trasporti e alla stampa di cataloghi con le tipografie Gibelli prima e poi Bessone.
Quest’ultima soprattutto si specializzò nella stampa di rinomati libretti contenenti le indicazioni necessarie alla coltivazione di piante e fiori, tipo le ‘Istruzioni per la piantumazione delle tuberose’ ecc., più volte ristampati tra le due Guerre e fortemente apprezzati per la formazione professionale degli agricoltori.
Dotati di un forte rigore morale, sia il quacchero Hanbury a Latte e Mortola che il luterano Winter a Bordighera si impegnarono vivamente nel promuovere l’istruzione popolare e l’insegnamento professionale; la loro sensibilità sociale si allineava a quel variegato filone di socialismo ed ecumenismo caratteristico del fine secolo, aperto ai nobili ideali umanitari fortemente presenti nella Bordighera ‘europea’ ante litteram, ideali riformisti più morali che politici destinati peraltro a soccombere con lo scoppio della Grande Guerra.
Il manifesto del 1885
ALL’ONOR. CITTADINANZA DI BORDIGHERA
Aprendo questa piccola Mostra di Piante ed Articoli di Palma, l’Onorevole Cittadinanza di Bordighera voglia permettermi di esprimere i miei voti.
Secondo me BORDIGHERA, questo gioiello della Riviera, dovrebbe essere avanti tutto Agricola. La ricchezza del nostro Paese esiste nella fertilità del suolo, protetto da un clima d’una dolcezza eccezionale.
Non abbiamo che lavorare le nostre terre assiduamente e con intelligenza per renderci indipendenti dalla venuta dei forestieri, sovente fallace.
Coltiviamo dunque le nostre campagne. Il non coltivarle è un venir meno agli obblighi di ogni possidente verso la Società. Educhiamo i nostri figli acciocché si appassionino alla coltura del suolo. La Riviera ha bisogno di bravi Agricoltori, che sappiano profittare del progresso della scienza agricola moderna. Degli avvocati giuridici ne ha abbastanza.
Che i nostri figli si facciano dunque avvocati della terra. Adoperiamoci a reprimere in noi e nei nostri prossimi lo spirito di lite, che sempre nuoce al bene pubblico ed individuale. Teniamo piuttosto a svegliare quel germe d’ingegno di cui è largamente dotato il popolo, introducendo delle industrie artistiche adatte alla località.
Coltivando bene le nostre campagne il forestiere verrà più volentieri da noi ad ospitarsi. Non occorrono per ciò costosi boulevards che non fanno altro che guastare il carattere bello della campagna. Rendiamo piuttosto le campagne accessibili per i trasporti agricoli con strade di larghezza sufficiente ed in linea che si adattino alla topografia dei luoghi, conservando quel carattere campestre ed incantevole.
Battendo questa via BORDIGHERA verrà il più bel paese del mondo.
Non mancheranno mai gli artisti ad illustrarla e spargere ovunque la sua fama.
EVVIVA BORDIGHERA AGRICOLA
L. WINTER
Questo vibrante manifesto molto significativo del 1885 si inserisce prepotentemente nel forte dibattito di Bordighera in merito all’urbanizzazione della piana e specificatamente al discusso progetto del prosieguo della Via Romana dalle Scuole Comunali (attuale edificio del Comune) verso ponente, ciò che avrebbe tagliato in due parti i famosissimi Giardini Moreno. Questi giardini fin d’allora erano aperti al pubblico e dalla Via Aurelia raggiungevano sia la settecentesca Villa Moreno (attuale nucleo dei Villa Palmizi) che superiormente la collina fino alla Via dei Colli. Immortalati ripetutamente da Monet nel 1884, con l’esproprio comunale vennero purtroppo divisi in due parti, quindi chiusi al pubblico e in seguito lottizzati, perdendo per sempre la loro fisionomia e la loro fama.
Il salvataggio dei giardini Hanbury, minacciati dalla ferrovia
La sensibilità del Winter fu sempre attenta ai problemi paesaggistici della zona e credo sia da sottolineare un suo intervento importantissimo e poco noto a difesa del paesaggio ligure.
La costruzione della ferrovia costiera La Spezia – Ventimiglia per l’interconnessione con quella francese venne appaltata nel 1860 all’imprenditore Giovanni Marsaglia, ed i progetti per il tratto prossimo alla frontiera, realizzato poi negli anni Settanta, prevedevano nella zona della Mortola – per ovvie ragioni di economicità e di semplicità tecnica- il passaggio lungo la costa con l’intersezione della proprietà Orengo divenuta Hanbury da pochi anni.
Ludovico Winter, con l’appoggio del suo importante cliente ma soprattutto spinto dalla sua sensibilità da paesaggista, ritenendo che i giardini sarebbero stati pesantemente mutilati nella loro propaggine inferiore, si battè a Genova con decisione ed ottenne che il tracciato venisse interrato con una lunga galleria che dalla fine della Piana di Latte, dopo la villa Biancheri, con una ampia curva terminasse a ponente oltre il Rio Sorba, evitando così che il sito subisse interventi paesisticamente devastanti.
Il rapporto conflittuale con il senatore Marsaglia, appaltatore e costruttore della linea ferroviaria, si trasformò presto in stima ed amicizia ed il Winter fu poi dallo stesso incaricato di realizzare il giardino del fastoso Castello Marsaglia sull’Imperatrice a Sanremo e di Villa Stefania. In particolare il primo fu di rinomata importanza paesistica per la ricchezza architettonica dei percorsi ortogonali, di scalinate, fontane e belvedere sul mare nonché per la ricchezza botanica degli esemplari messi a dimora. Purtroppo dopo il 1960 la distruzione dell’eclettico castello a favore di pesanti costruzioni di palazzi moderni arretrati non fu mitigata dalla positiva realizzazione dell’Auditorium Alfano.
La presa di posizione di Winter ricorda una simile vivace battaglia condotta dal prof. Nino Lamboglia per l’arretramento, sempre dopo il 1960, del tracciato dell’Autostrada dei Fiori. Grazie al suo intervento, le carreggiate previste a ridosso di Taggia vennero deviate a nord con un’ampia curva allo scopo di non compromettere l’integrità del centro storico.
Per chiudere questo excursus su Lodovico Winter va ricordata infine la sua propensione all’utilizzo delle pergole già presenti nelle grandi ville genovesi del ‘700 e riproposte dal Bennet a Mentone; le ritroviamo nei giardini da lui realizzati a Villa Etelinda e a Villa Monteverde a Bordighera.
Ugualmente l’utilizzo paesistico dei gazebi venne ripreso da Winter ad esempio nel parco dell’Hotel Ansgt: le leggere colonnine in ghisa ricordano l’impianto suggestivo presente nei Giardini Moreno del 1830, tramandato dall’incisione romantica del Nestel. I nomi di questi diversi artisti si intrecciano tutti in un unico compendio di bellezza.
Bordighera, 10.XII.2013