Scrivere di Ludwig Winter, significa innanzitutto rileggere quello che altri hanno già scritto su di lui, primo di tutti il compianto Luigi Viacava, che ho avuto il privilegio di conoscere quando dirigeva il Servizio Giardini e Foreste del Comune di Genova e a cui è stato dedicato lo scorso anno il roseto dei Parchi di Nervi. A Luigi Viacava mi lega un ricordo affettuoso perché a lui devo il mio primo lavoro a pochi giorni dalla laurea: si trattava di tenere un corso di botanica per i giardinieri che allora curavano sotto la sua guida competente il verde della municipalità genuense.
Raramente quando si cerca di definire la figura di una persona si riesce a comprendere in un unico termine tutto quanto l’illustre personaggio ha espresso con le idee e le opere nella propria vita. Ritengo che quanto Luigi Viacava ha scritto su L.W. già nel titolo e nelle prime pagine della sua biografia (Viacava, 1997) sia il ritratto migliore di cui mi piace riportare poche righe sui tratti essenziali.
Winter è stato un grande protagonista soprattutto per avere riunito in sé ed armonizzato numerose e varie qualità: cultura botanica, conoscenza agronomica, intuito commerciale, una grande capacità di scelta degli interlocutori, completezza tecnica e sensibilità artistica.
Manifestava sempre un’alta competenza tecnica nel trattare la pianta: dall’ibridazione alla crescita, al trasporto dei grandi esemplari, sino alla progettazione paesaggistica e alla introduzione di nuovi vegetali, in particolare Palme.
Un botanico, un commerciante, un vivaista, un artista, un impresario, un fioraio, un paesaggista? Personalmente, a seguito dell’ampia documentazione consultata, preferisco semplicemente chiamarlo giardiniere, come amava anche autodefinirsi il grande scrittore Alphonse Karr.
Nel caso di Ludwig Winter la dizione di Giardiniere vale quanto la dizione di Maestro quando viene riferita ad uno scrittore o ad un artista.
Il termine giardiniere ha assunto in Italia una considerazione di non eccellente livello che sminuisce l’importanza del vasto e complesso bagaglio culturale (botanico, ecologico, agronomico, paesaggistico, ecc) necessario per le innumerevoli attività di chi coltiva piante ornamentali e le dispone secondo una “filosofia” che sottintende criteri soprattutto estetici, ma non solo. È sufficiente recarsi in un paese anglosassone, in particolare in Inghilterra, per rendersi conto della dignità e dell’alta considerazione di cui godono i giardinieri, Giardinieri con l’iniziale maiuscola, come li intendeva Viacava.
Winter giunse qui alla Mortola giovanissimo, ma già dotato di ottime conoscenze sul mondo vegetale e di buone capacità, per compiere l’opera affidatagli da Thomas. Tali capacità furono acquisite attraverso i contatti con diverse realtà culturali, innanzitutto quella germanica, facilitato in questo dal contesto famigliare, e poi francese. Ritengo interessante rivisitare rapidamente luoghi e occasioni che certamente hanno contribuito a formare il giovane Winter, perché tale formazione ha contribuito a influenzare positivamente la scelta di Thomas Hanbury, uomo che in più occasioni dimostrò il sostegno per giovani, ancora poco noti, ma di carattere e ben preparati.
L.W. nacque il 9 aprile 1846 a Heidelberg, nel Baden-Württenberg, dove il padre, Anton, lavorava nella libreria-editrice universitaria di famiglia. La libreria/casa editrice fu in mano al nonno Christian Friedrich Winter (1773-1858) dal 1815 in società con Mohr e Zimmer e poi, dal 1822 al 1858, in esclusiva1. C.F. Winter rivestì anche la carica di borgomastro di Heidelberg; la famiglia Winter era radicalmente liberale e il nome Winter fu strettamente associato all’opposizione nel parlamento del Baden, all’assemblea di Heidelberg, tenutasi nel marzo 1848, e agli eventi della rivoluzione tedesca del 1848-49, eventi che concludevano l’era Vormärz e che portarono alla concessione della costituzione e del suffragio universale maschile. L’occupazione paterna e l’ambiente famigliare dovettero sicuramente facilitare L.W. nelle prime fasi della sua educazione. L’abitazione del nonno, nota come Casa di Padre Winter (come era chiamato dai suoi contemporanei), era luogo nobilmente ospitale, dove l’intimità della vita familiare si mescolava con la coltivazione del sapere e delle belle arti. (Das Haus des “Vater Winter”, wie er in dem Munde seiner Heidelberger Zeitgenossen hieß, war eine Stätte edler Gastfreundschaft, innigen Familienlebens und verständnißvoller Pflege der schönen Künste) (Weech,1898). L’Universitätsverlag Winter ebbe l’onore di dare alle stampe numerosi e importanti manuali scientifici, la cui diffusione si estendeva ad altre università, in primo luogo quella di Leipzig. L’Università di Heidelberg, fondata nel 1386 da Ruperto I, su concessione papale, e riorganizzata da Carlo Federico, duca del Baden, godeva nel XIX secolo di grandissima reputazione, soprattutto grazie alla presenza di studiosi delle scienze naturali di fama mondiale, come Robert Bunsen, Hermann Helmholtz e Gustav Kirchhoff. Le splendide vedute di Heidelberg dipinte da William Turner nell’anno di nascita di Winter, il 1846, ci danno un’idea della centralità nel paesaggio, allora come oggi, dell’acqua, elemento rappresentato dal corso del Neckar, utilizzato fin dall’antichità anche come via di trasporto. Non si può neppure dimenticare che il clima oceanico di Heidelberg permetteva e permette tuttora la presenza in questa città centroeuropea di mandorli, fichi, olivi e diverse piante esotiche. La mamma Emily, pittrice, diede modo al giovane figlio di apprendere l’arte del disegno e di ritrarre piante e fiori. La capacità di osservazione e le tecniche apprese dalla madre consentirono in più occasioni a L.W. di affrontare, in seguito, con maggiore facilità i primi incarichi nell’ambito vivaistico e la progettazione dei giardini.
Quando aveva soli 12 anni, nel 1858, la sua famiglia si trasferì a Leipzig, in Sassonia, seconda sede della C.F. Winter Universitätsverlag; qui il nostro rimase presto orfano del padre. Proprio in quell’anno venivano editi per i tipi di Winter, il Lehrbuch der Physiologie des Menschen del noto medico e fisiologo Carl Ludwig (Witzenhausen, 1816 – Leipzig, 1895) e il Morphologische Studien über die Gestaltungs-Gesetze der Naturkörper überhaupt un der organischen insenbesondere del geologo-paleontologo Heinrich G. Bronn (Heidelberg, 1800-1862), noto anche per aver tradotto in tedesco Origin of Species di Charles Darwin.
Il primo destino di L.W. fu quello di un evidente peregrinare fra città e ambienti diversi, una vita più faticosa rispetto a quella dei suoi coetanei stanziali, ma sicuramente più interessante, occasione di contatti con persone, luoghi e mestieri nuovi. Eccolo perciò trasferirsi da Leipzig a Erfurt, dove dal 1862 al 1864 lavorò presso la ditta Jühlke, e poi a Potsdam.
Erfurt, la città-giardino, con Potsdam era ed è un importante centro d’istruzione per la floricoltura. In queste due cittadine era già molto attivo il vivaismo, dedicato allora alla produzione di tigli, pini, acacie, pioppi, frassini e aceri che venivano impiegati soprattutto nei parchi. Risale probabilmente al soggiorno ad Erfurt e a Potsdam la scelta di L.W. di dedicarsi al giardinaggio e in particolare al vivaismo. Ferdinand Jühlke (Barth, 1815; Potsdam, 1893), dopo aver studiato al Giardino Botanico e Arboreto dell’Università di Greifswald e aver avviato un vivaio commerciale, fu il primo organizzatore della International Horticultural Exposition del 1865 a Erfurt e nel 1866, alla morte del grande architetto Peter Joseph Lenné, fu nominato direttore di tutti i giardini e dei vivai reali (Potsdam, Berlino ecc). Fu inoltre autore di numerosi libri e articoli per l’orticoltura. Fra tutti, l’opera di maggior successo editoriale fu Gartenbuch für Damen: Praktischer Unterricht in allen Zweigen der Gärtnerei besonders in der Kultur, Pflege, Anordnung und Erhaltung des ländlichen Hausgartens, stampato a Berlino nella sua prima edizione del 1857 per i tipi di Bosselmann e dedicato alle signore (Pfennig, 2002). L’impronta di F. Jühlke si rileva in parte nel progetto del Gütergotz Park di Potsdam, la cui tavola originale è pubblicata nella quarta edizione del 1892 di Schmidlin’s Gartenbuch. Egli focalizzò il proprio lavoro presso la scuola di giardinaggio puntando più sugli aspetti della coltivazione che su quelli della progettazione. Non sappiamo quanto e in che modo questa impostazione abbia potuto influenzare l’opera di L.W., ma possiamo affermare con sicurezza che gli aspetti colturali furono quasi sempre al centro dei suoi interessi.
Nel 1866 il ventenne L.W. è aiuto giardiniere nel Botanische Garten der Universität Bonn a Poppelsdorf. Ancora oggi, chi consulta il sito web di tale istituzione trova citato il nostro come allievo: Ludwig Winter (1846-1912) wurde in Bonn ausgebildet. Er wurde dann an die italienische Riviera berufen, wo er den Botanischen Garten Hanbury anlegte. 1873 legte er mit der ersten Blumenanzucht den Grundstein für die heute so bedeutende Blumenzucht an der Riviera (Blumenriviera).
L’anno successivo ebbe inizio una nuova fase per L.W. Nel 1867, infatti, in occasione dell’Esposizione Universale di Parigi trovò impiego presso la ditta Antoine Chantin (1816-1889), vincitrice del Grand Prix Les Plantes de serre. Antoine Chantin era specializzato nella produzione di Caladium, palme, cycadee, pandanacee e felci presso il vivaio nel quartiere di Petit Montrouge a Parigi in Boulevard Gobelins. Oggi il quartiere è completamente cambiato e urbanizzato, ma se ci si reca in Rue Antoine Chantin, si può osservare un grandissimo albero, realizzato a “mosaico” con tegole colorate sul prospetto laterale di un edificio, a ricordo delle attività che si svolgevano in quest’area. Concluso l’incarico per l’Esposizione Universale, L.W. fu giardiniere presso i giardini imperiali alle Tuileries, sotto Napoleone III ed Eugenia de Montijo. Si narra che proprio l’imperatrice provvide al suo immediato licenziamento per la sola colpa di essersi trovato a lavorare accanto a un collega che cantava la Marsigliese sotto la sua finestra. Cacciato da Parigi o forse allontanatosi a causa dell’imminente guerra franco-prussiana che lo avrebbe messo in condizione di pericolo, si recò in Provenza, a Marsiglia e Cannes. A Hyeres trovò lavoro come pittore di fiori e poi come giardiniere ibridatore presso lo stabilimento orticolo di Charles Huber (rinomato nel mondo soprattutto per le numerose varietà di Anemone). È probabile che L.W. non fosse del tutto soddisfatto del lavoro presso Huber; forse avrebbe voluto non solo ibridare, ma occuparsi di un vivaio in tutte le sue fasi di lavoro. Ecco allora un’occasione imperdibile: Thomas Hanbury, acquisita la tenuta della Mortola, si mise alla ricerca di un giardiniere con doti eccellenti e adeguate alla realizzazione del suo giardino di acclimatazione. Huber organizzò e sollecitò un incontro tra Winter e Thomas Hanbury. Nel 1869 L.W., a soli 23 anni, ebbe pertanto l’occasione di realizzare un importante giardino botanico disponendo di notevoli mezzi finanziari e di venire a contatto con le competenze botaniche degli Hanbury, in particolare di Daniel Hanbury, scienziato di fama mondiale, eccezionale conoscitore del mondo vegetale. L’opera di Winter per la realizzazione dei GBH si concluderà nel 1875, dopo soli sei anni, quando L.W. non ha ancora trent’anni. Ritengo sia probabile che già al momento dell’accettazione dell’incarico alla Mortola, egli traguardasse a una meta diversa, quella di un proprio vivaio; non si può dimenticare che le origini erano quelle di una famiglia stimata, in cui l’attività imprenditoriale e l’indipendenza delle scelte erano di casa.
Il carattere di Winter, la sua serietà, la competenza e l’operosità vennero molto apprezzate dagli Hanbury. Lo si rileva facilmente dalle lettere fra Thomas e Daniel, particolarmente in alcuni brani già riportati nella biografia curata da Viacava:
Winter mi propone di eliminare molti olivi in modo da creare più spazio intorno alla casa. Cosa pensi al riguardo?…
Sono dell’opinione che la modifica suggerita da Winter rappresenti un deciso miglioramento e aumenterà notevolmente la bellezza del posto. L’aver rimosso alcuni degli olivi e aver livellato le terrazze davanti alla casa dà spazio alle aiuole…
Sono abbastanza contento di Winter… Martedì era una giornata di festa mentre lui, invece, lavorava. Suggerii perciò di andare a cercare terra vegetale leggera dietro la casa. Un vero successo. Trovò terra vegetale della migliore….
Per realizzare e gestire al meglio quanto desiderato da Thomas Hanbury, Winter si affida ad alcune regole, poche, ma importanti. Si tratta di suggerimenti essenziali, che andrebbero perseguiti ancora oggi e che ritengo importante riportare.
Suggestions for a new management of the Garden of T. Hanbuy Esq., Mortola by L. Winter.
The principle of managing the ground from a pure esthetic point of view ought to be associated with the principle of utility carried on in a manner as not to injure the results of embellishment litter to obtained, but to accomplish them more and more by means obtained through an economical realization of the actual products and the propagation(with a view of selling) of such plants, that are required by Nurserymen not enjoying the advantages of climate one has at Mortola.
The trade ought to comprise for the present the following objects:
-
seeds produced by the plants growing already in the grounds
-
propagated plants growing in sufficiently large quantities in the grounds
-
cut flowers of cultivated and wild plants
-
vegetables (only to be sold in limited quantities)
A Nursery might be arranged in the kitchen Garden ….there which is very formidable for the purpose as the ground is rather flat and there is an abundance of water.
A few frames ought to be arranged there.
Anche le relazioni di lavoro fra Thomas Hanbury e L.W. sono più chiare alla luce dei seguenti appunti:
To entrust L.W. with entire liberty in the practical management of all operations, and in purchases of plants etc he thinks necessary.
His chief aim will be to enrich the collections of the garden (especially succulents) with many new and rare or precious species, and to have the garden maintained and improved through its own products as much as possible.
He leaves it to Mr H. to decide which share of the income he thinks to agree to himself (L.W.).
A contract might be made for one year, after which time both parts will be able to recognize, whether they think the arrangement desirable to be continued or not.
I rapporti tra L.W. e Thomas Hanbury furono sempre molto professionali, tuttavia non mancarono occasioni per una maggiore confidenza. Un esempio significativo si osserva in occasione del matrimonio che Winter contrasse nel 1870 con una delle domestiche degli Hanbury, Giustina Muratorio, nipote del vescovo di Ventimiglia. Thomas Hanbury gli segnalò la differenza di cultura nella speranza che Ludwig sposasse una ragazza della borghesia, ma Winter, proprio l’8 settembre comunicò per lettera a Thomas Hanbury l’avvenuto matrimonio. Ebbe 11 figli, il primo dei quali, nato nel 1871, chiamò Antonio, in ricordo del padre prematuramente scomparso.
L.W. è ovunque conosciuto per aver diffuso e valorizzato le palme nei giardini, sui lungomare e, più in generale, nella Riviera e nel paesaggio costiero del centro-nord-Italia.
La considerazione che Winter aveva per le palme non era pienamente condivisa da Thomas Hanbury. Su questo argomento è importante la frase riportata da F.A. Fluckiger sul giardino della Mortola: “Al primo sguardo le palme da datteri sembrano essere preminenti, ma il proprietario non ha una particolare predilezione per queste ultime”. Thomas non amava le palme, almeno quanto L.W. e ciò fu forse una delle ragioni che contribuirono al distacco. Già dal 1872 iniziarono le prime proposte imprenditoriali avanzate da Winter a Hanbury: dapprima coltivazioni di Eucalyptus e poi di altre essenze. Tutte rifiutate. Sembra quasi che in Winter si fosse risvegliato un desiderio: concretizzare al meglio lo spirito imprenditoriale e commerciale vissuto da piccolo nella libreria del padre, non più attraverso i libri, ma con le piante. Come il nonno, il padre e o zio Karl avevano stampato nuovi manuali distribuendone un numero elevato di copie e contribuendo a sviluppare il sapere in molte discipline, così L.W. avrebbe riprodotto le piante migliori mettendole sul mercato per contribuire alla bellezza dei giardini e far conoscere nuove specie e nuovi ibridi.
Stabilitosi a Bordighera, L.W. intuì le prospettive economiche della Riviera nel settore florovivaistico; potenziò, con ottimi risultati, la coltivazione della Rosa Safrano, creata in Francia da Beauregard nel 1839 e introdotta per la prima volta a Latte dalla ditta Enrico Notari di Ventimiglia. Rimanendo alle coltivazioni, promosse anche quella della rosa Tea “Mademoiselle Marie Van Houtte”, creata nel 1871 da Ducher e considerata ancora oggi una delle migliori nella sua categoria per rusticità, vigore, resistenza alle malattie, intensità del profumo e abbondanza di fiori. A Bordighera operò ai piani di Borghetto, sul pendio di Montenero e in località Curtasse. Introdusse la coltivazione di Acacia podalyriifolia A. Cunn. ex G.Don, specie ritenuta persa, ma recuperata a Intra presso il vivaista Pasquale Motta e chiamata allora “Motteana”. Impiegando tre specie di mimose, ottenne per ibridazioneAcacia x hanburyana L.Winter ex A.Berger (=A. podalyriifolia x A. pycnantha), A. × de-neufvillei L.Winter ex A.Berger (= A. podalyriifolia x dealbata) e A. x siebertiana L. Winter ex A. Berger (=A. podalyriifolia x A. pycnantha). Questi ibridi figurano per la prima volta nel 1910 sul Pflanzen-catalog (Catalogo Generale delle Piante) di Ludwig Winter a pagina 4 sotto il titolo Neuheiten (1910) In Ludwig Winter’s Gärten durch Kreuzung gewonnen [Novità (1910) Ottenute nello Stabilimento Winter da incrociamento]. Per ogni ibrido viene riportata una breve descrizione in tedesco e italiano e il prezzo per “piante forti innestate” di 10 – 20 Lire. La descrizione dei nuovi ibridi avvenne validamente per la scienza sempre nel 1910 a opera di Alwin Berger sul fascicolo 10 dell’annata XIV della rivista Die Gartenwelt e riportata nel 1911 da Revue de l’Horticulture Belge et Étrangère e da Bullettino della Regia Società Toscana di Orticoltura e nel 1912 da Le Jardin. Proprio le modalità di comunicazione di nuove piante da parte di Winter e di Berger ci confermano la differenza tra un eccellente maestro Giardiniere e un botanico. Risulta fondamentale prima di tutto la differente collocazione editoriale: in un catalogo commerciale quelle di Winter, in un periodico quelle di Berger. Winter redige il suo catalogo in lingua tedesca con traduzione italiana, mentre Berger redige il proprio articolo esclusivamente in tedesco; poiché l’obbligo dell’uso della lingua latina nella diagnosi ricorre, ai sensi dell’art. 36.1 dell’ICBN, a partire dal 1935, sotto questo profilo risulterebbero valide entrambe le descrizioni. Winter riporta soprattutto i pregi estetici Berger, pur non trascurando i medesimi pregi per coerenza con il target del periodico che ospita la sua nota, si dilunga maggiormente nel dettaglio e soprattutto nel confronto tra l’ibrido e le specie parentali. La diagnosi riportata da Berger per questi ibridi è molto differente e distante dallo stile puramente scientifico di cui aveva dato prova in monografie o revisioni tassonomiche, prima fra tutte quella delle Aloineae del 1908, ma lascia trasparire una impostazione differente rispetto a quella di L.W. Avendo avuto entrambi un ruolo fondamentale nella realizzazione e nella gestione dei Giardini Botanici Hanbury, il confronto può dar luogo a interessanti considerazioni sull’evoluzione degli stessi nel tempo in cui ancora era in vita e “al comando” Thomas Hanbury.
L.W. è anche paesaggista, ideatore di giardini. Nel 1875 L.W. avviò il giardino nel Vallone del Sasso, piantando numerose rare piante tropicali, palme, ficus, ecc. Successivamente progettò diversi giardini, come quelli a Cap Martin dell’Imperatrice Eugenia, a San Remo del Principe Hohenloe e di Villa Zirio, a Menton della Contessa Foucher de Careil, a Bordighera della Villa Bischoffshein, a Castel di Lama (Ascoli Piceno) della famiglia Carfratelli Seghetti, nonché il proprio giardino alla Madonna della Ruota e in ultimo i Giardini pubblici di Ventimiglia, realizzati diversi anni dopo la sua scomparsa.
Il lancio decisivo della floricoltura in Liguria fu opera soprattutto di operatori tedeschi: Winter, Diem, Stern; tra le nuove varietà allora più coltivate si possono citare quelle di Asparagus, Gerbera e Strelitzia. Winter ha quindi contribuito molto più di altri a fornire una nuova identità al paesaggio della Riviera. Questa identità è relativamente recente, risalendo alla fine del XIX secolo. In precedenza lungo la riva del mare dominavano soprattutto lecci, pini, olivi; le poche palme avevano un ruolo assai subordinato e circoscritto. Come noto, il contributo di L.W. non si limitò a questo, ma diede un notevole impulso al florovivaismo; il suo catalogo elencava molte specie e varietà di mimose, succulente, rose e tantissime piante d’altro genere, comunque adatte alla creazione di giardini mediterranei. Era l’epoca in cui fu realizzata Villa Garnier a Bordighera.È il momento in cui il paesaggista Edouard F. Andre (1840-1911), autore nel 1879 de L’art des jardins, francese, disegnatore di giardini inglesi, suggerisce, proprio per Villa Garnier, Sabal, Areca, Pritchardia, Cocos, Kentia, anche se, in via principale, scoraggia l’uso delle piante non-indigene, dichiarandosi a favore dell’unione intima dell’arte e della natura, dell’architettura e del paesaggio.
I cataloghi di Winter all’inizio del XX secolo enumeravano 50-60 specie di palme con piante di ogni dimensione, un numero eccezionale se si pensa che oggigiorno istituzioni importanti e rinomate hanno 30-40 specie. Il tema delle palme è quanto mai attuale, soprattutto oggi che sono sotto l’attacco del punteruolo rosso (Rhynchophorus ferrugineus Olivier, 1790) e della temibile farfalla argentina Paysandisia archon (Burmeister, 1880). L.W. ha favorito la massima diffusione di Phoenix canariensis Chabaud, riconoscendo la sua maggiore velocità di crescita e la sua più efficace germinazione. Oggi, seppure non sola, è proprio P. canariensis la più colpita e i Giardini Botanici Hanbury sono ormai accerchiati, dal momento che il parassita si è presentato sia a Ventimiglia sia a Mentone e Montecarlo. Che fare? Innanzitutto occorre ricordare che la prevenzione è l’arma migliore e che corretti criteri di gestione delle palme, già diffusi come nuovi da Ludwig Winter, quasi mai vengono seguiti. Winter sosteneva infatti che il grembo di foglie morte che copre la parte alta dello stipite ha una funzione protettiva per cui solamente in casi eccezionali, quando vi è continuo passaggio di persone sottostante alle piante e motivi di sicurezza pubblica, è giustificata l’eliminazione delle vecchie foglie. È un principio noto ormai da tempo, sempre valido, ma quasi mai applicato. Troppo spesso si osservano stipiti con 2-3 foglie e un’ampia superficie lesionata e messa a nudo dalle potature, che costituisce un’eccezionale richiamo e una via d’ingresso facilitata per i patogeni. Ancora oggi ai Giardini Botanici Hanbury si rispetta questo principio, nonostante le critiche incompetenti di diversi visitatori. Il monitoraggio e la prevenzione possono essere ottimizzati anche attraverso la somministrazione per via radicale di azadiractina A, limonoide estratto dai semi di Neem (Azadirachta indica A. Juss.). L’azione sistemica ad ampio raggio del principio, seppure moderata, contribuisce a irrobustire la pianta nei confronti di diversi parassiti. Accanto alla prevenzione si riferiscono diverse forme di lotta, alcune sperimentali e di esito incerto e molte piuttosto dispendiose, tuttavia ritengo che un pronto abbattimento e una successiva eliminazione del materiale infetto a norma di legge sia la scelta migliore, anche in relazione all’esigenza di salvaguardare le piante ancora sane.
È giunta però l’ora di concentrare gli sforzi sulle collezioni importanti e sui giardini storici, progettando un futuro diverso, un altro paesaggio per il resto del territorio. In fondo, non è molto tempo che le palme caratterizzano la Riviera; il loro valore identitario nel paesaggio è sicuramente diminuito, soprattutto da quando le palme non sono più limitate a un circoscritto tratto costiero, bensì ampiamente diffuse e banalizzate da un impiego eccessivo in quasi tutto il mondo. Non ha neppure senso affermare che costituiscano un richiamo turistico irresistibile e insostituibile; prima di Winter la Riviera era ugualmente assai rinomata e ricercata dagli stranieri, nonostante la relativa scarsità di palme. Inoltre sarebbe interessante chiedersi: che farebbe Ludwig Winter, se si trovasse in una situazione simile? Sono sicuro che si lancerebbe in una nuova impresa: creare un altro paesaggio, selezionando altre specie di piante, palmiformi o meno, che possano sostituire le palme nel loro ruolo e consentire addirittura di trasformare una situazione negativa in una opportunità positiva d’impresa (almeno sino alla prossima epidemia). Se si desidera restare nell’ambito delle palme, occorre sostituire le piante attaccate e quelle potenzialmente attaccabili con altre di specie differenti, che abbiano mostrato una maggiore resistenza, come quelle dei generi Washingtonia, Archontophoenix o altre il cui stipite abbia un diametro ridotto (possibilmente inferiore a 25-30 cm). La diversità vegetale, con oltre 250.000 specie spontanee e milioni di cultivar è abbastanza generosa e ci consente scelte valide per bellezza che Winter quasi sicuramente approverebbe.
Letteratura citata.
Berger A., 1910 – Drei neue Akazien – Die Gartenwelt XIV,10: 110-112
Pfennig Angela, 2002 – Die Welt ein großer Garten: der königlich-preußische Hofgartendirektor Ferdinand Jühlke (1815 – 1893) – Lukas-Verl., Berlin, 105 pp.
Weech, Friedrich von, 1898 – Winter, Christian Friedrich, in: Allgemeine Deutsche Biographie, S.- http://www.deutsche-biographie.de/pnd117408662.html?anchor=adb.
Viacava L., 1997 – Lodovico Winter giardiniere in Bordighera – Erga edizioni, 141 pp.
Winter L., 1910 – Pflanzen-catalog.
1Dai dati che ho potuto finora consultare, parrebbe che Anton Winter fosse l’unico proprietario di fatto (occulto) della CF Wintersche Verlagshandlung, anche quando questa fu ufficialmente venduta a G.B.E. Polz e trasferita a Leipzig. Non escludo che questa situazione dipendesse dalla necessità di tenere al riparo le proprietà da conseguenze derivanti dalle posizioni politiche della famiglia.