Ci sono dei beni che siamo abituati a vedere accanto a noi quotidianamente e a cui, talvolta, dedichiamo un’attenzione piuttosto distratta, salvo poi scoprire, improvvisamente, quanto sono veramente importanti quando ci mancano o rischiamo di perderli. Penso sia anche il caso delle palme nel Ponente ligure.
La presenza del Punteruolo rosso, fitofago delle palme, è ormai consolidata e, sempre più spesso, assistiamo, qua e là, a desolanti immagini di piante decapitate, talvolta con lo stipite ancora in piedi, ma ormai morte. Non dimentichiamo che Bordighera vanta ancora oggi, con giusto orgoglio, un palmeto di Phoenix dactyliferastraordinario, la cui origine risale al Medioevo. Nel corso dei secoli le palme hanno riscosso la curiosità dei viaggiatori e ispirato artisti e scrittori, venendo ben presto elette ad icona del territorio. E’ ben certo che le palme da datteri sono giunte in Liguria ad opera dell’uomo; la provenienza originaria è ancora dubbia. Leggende, miti e tecniche colturali come la raccolta delle foglie per le tradizioni religiose ebraiche e cristiane, non fanno che aumentare il valore culturale di questo straordinario patrimonio.
Perdere queste piante sarebbe anche un gravissimo danno paesaggistico. Infatti, con l’arrivo del Punteruolo rosso molte cose sono cambiate. Prima di giungere ad aggredire le palme del Ponente ligure, il famigerato Rhynchophorus ferrugineus, meglio conosciuto come Punteruolo rosso, viveva tranquillamente da millenni in equilibrio con la natura nei suoi paesi di origine in Asia. Nell’ambito della foresta tropicale, regno di una straordinaria biodiversità, si nutre ancora oggi di palme, ma non possiamo certo dire che alteri più di tanto gli equilibri ambientali. Nelle calde, buie e umide foreste coesistono una moltitudine di fattori limitanti che concorrono a conservare un ordine naturale ancestrale a cui è sottoposto anche il Punteruolo.
Ma cosa ha spinto questo insetto a uscire dal suo ambiente e raggiungere i nostri giardini? La spiegazione, come spesso accade, va ricercata nel comportamento dell’uomo. Quando nel secolo scorso nel Sud est asiatico sono iniziate le prime coltivazioni intensive di palme da cocco e si è rotto quell’equilibrio biologico frutto di una lunga coevoluzione tra animali e piante. Fuoriuscito da un ambiente che lo limitava e lo confinava, è avanzato verso occidente, percorrendo, in circa cent’anni, oltre 12.000 km, giungendo nel 2007 anche a Bordighera.
Sotto il profilo fitopatologico rileviamo nel bacino Mediterraneo una serie di fitofagi esotici particolarmente ricca, sempre frutto di introduzioni accidentali da altri continenti. Alcuni sono estremamente aggressivi, mentre con altri si può riconoscere una accettabile convivenza. In questa lista il pericolo maggiore per le palme è rappresentato, oltre che dal Punteruolo rosso (Rhynchophorus ferrugineus), dalla farfalla argentina (Paysandisia archon). L’azione edafica di questi due insetti, unita a una straordinaria efficacia del sistema riproduttivo che li caratterizza, è tale da poter distruggere migliaia di palme.
Circa le strategie di lotta da adottare sono in corso molti tentativi e sperimentazioni. Ma sebbene il desiderio di salvare le palme sia molto forte, dobbiamo sempre essere attenti alla salvaguardia dell’ambiente nel suo complesso e della biodiversità. A questo proposito, emerge un grande impegno della ricerca rivolto a soluzioni di tipo biologico. Interessanti risultano, ad esempio, i risultati ottenuti con l’impiego di nematodi e funghi, ma sembra che bisognerà attendere ancora prima di poter disporre di preparati veramente risolutivi.
In questa ottica i Comuni di Sanremo e Bordighera, in collaborazione con il Servizio Fitosanitario Regionale, il CRA-FSO di Sanremo e il Centro Studi e Ricerche per le Palme hanno iniziato i primi interventi con l’impiego di prodotti autorizzati a base di nematodi entomopatogeni. Questi organismi sono noti come efficaci fattori di controllo naturale di diversi insetti dannosi in agricoltura. In modo particolare ci si è orientati verso prodotti che contengono, oltre ai nematodi anche chitosano, una sostanza ottenuta dall’esoscheletro di crostacei, in grado di proteggerli dagli agenti abiotici ed esaltarne le capacità infettive. Pertanto i nostri alleati nella lotta al Punteruolo rosso sono oggi i nematodi entomopatogeni del genere Steinernema che, nel formulato commerciale, sono presenti in uno stadio infettivo in grado di localizzare le larve dell’insetto e penetrare nel loro corpo attraverso le aperture naturali. Una volta penetrati nell’ospite, i nematodi rilasciano batteri simbionti che lo uccidono rapidamente.
Quale alternativa all’impiego dei pesticidi, le tecniche di controllo biologico presentano diversi vantaggi. In primo luogo gli organismi utili non sono tossici, non hanno tempo di carenza, non inquinano, non danno origine a fenomeni di resistenza ed in molti casi il loro impiego ha gli stessi costi della lotta chimica (talvolta anche minori). Diversamente dai prodotti chimici, che non sono selettivi verso un grande numero di altre forme viventi, gli antagonisti possiedono preferenze più specifiche e pertanto non danneggiano tutti gli “organismi non bersaglio” (uomo, animali domestici, pesci, uccelli, ecc.). La “tolleranza zero” verso il Punteruolo rosso, consistente nella pronta eliminazione delle palme infestate, praticata dai Comuni di Sanremo e Bordighera, ha ottenuto in questi anni parecchi risultati.
Gli stessi comuni hanno scelto di non effettuare trattamenti chimici in ambito urbano, tanto in chioma che attraverso iniezioni endoxilematiche. Ricordandoci che in quest’ultimo caso dovremo procurare ferite alla palma e forzare al suo interno una sostanza attiva ed i suoi coadiuvanti e coformulanti. Niente di più innaturale, anche se in questo periodo questa tecnica è molto praticata da operatori commerciali del settore chimico. Resta inoltre il dubbio, in termini fisiologici, di poter escludere che il complesso sistema xilematico di risalita non subisca alterazioni cavitazionali quando le colonne capillari vengono recise da una perforazione. E’ pur vero che esiste una comunicazione tra i vasi, ma prove sperimentali nell’ambito del progetto DIPROPALM (finanziato dal MiPAAF) hanno rilevato una limitata mortalità tra le larve delle palme trattate. Altri esperimenti, eseguiti con coloranti traccianti in palme adulte Phoenix canariensis sane, introdotti con iniezioni endoxilematiche, hanno evidenziato una insufficiente trasmigrazione dei prodotti verso la chioma. Non dimentichiamo poi i danni meccani allo stipite che potrebbero manifestarsi in seguito, provocati da una punta di trapano lunga oltre 30 cm (per introdurre la cannula), oltre al rischio di infezioni fungine o batteriche. Circa poi la veicolazione del formulato chimico con una nuova introduzione nel foro esistente e praticato alcuni mesi prima, i dubbi aumentano ancora.
Davanti a queste considerazioni appare inopportuna e incauta la richiesta inoltrata da alcuni promotori al Comune di Bordighera di sottoporre 1500 palme del patrimonio palmicolo comunale a cure endoterapiche preventive! Desta preoccupazione che qualcuno possa di poter venire a Bordighera e sfruttare le storiche palme da datteri per fare un esperimento pilota. Le prove sperimentali dovrebbero essere eseguite da istituti di ricerca pubblici o centri di saggio, e riconosciuti dal MiPAAF e in luoghi prestabiliti, con piante campione. Teniamo anche conto che in caso di problemi, conseguenti ai trattamenti endoterapici, non sarebbe tutelata la città di Bordighera. Penso che il dovere di precauzione non dovrebbe mai essere sottovalutato.
In ultima analisi il patrimonio palmicolo della Riviera è sottoposto ad una grave minaccia, ma abbiamo sufficienti ragioni per ritenere che i nuovi organismi dannosi non potranno distruggerlo oltre una certa misura. Probabilmente perderemo gran parte delle palme delle Canarie, ma la ricchezza di specie diverse che crescono o potrebbero crescere lungo le coste mediterranee ci forniscono uno straordinario serbatoio di biodiversità.
In quest’ottica il Centro Studi e Ricerche per le palme, i Comuni di Bordighera e Sanremo, la scuola Aicardi e il vivaio storico Allavena collaborano al progetto GERICO, che prevede la produzione di 15.000 nuove palme da destinare ai giardini della Riviera di ponente. L’iniziativa si propone di ricostruire, nei prossimi 10-15 anni, il patrimonio palmicolo in quest’area geografica, donando ai comuni costieri e ai proprietari che ne faranno richiesta giovani palme di specie diverse.
Claudio Littardi
Centro Studi e Ricerche per le palme Sanremo
sanremoplame@gmail.com